giovedì 20 gennaio 2011

"Still Lifes" di Jeannette Montgomery Barron

Non sono innocenti le fotografie di Jeannette Montgomery Barron: esalano un’eleganza distillata come il profumo di non si sa più quale materia, imponendoci la costituzione di un mondo di fatto inesistente prima di esse.  La chiave per comprendere queste immagini è l’analogia: potentissimo metodo per ricreare la realtà in maniera immaginifica e favolosa e usato da Jeannette con una forza del tutto inusitata. Dotate di un potere invischiante, le sue fotografie intrappolano, mentre non smettono di avvolgerci di note muschiate e variegate che risalgano dalle immagini variamente sfumate in una gamma di grigi mai polverosa o indistinta, anzi lucidissima.  Nessuna delle sue nature morte lascia riposare, senza deviarla verso un viraggio indiziario e problematico, la lettura del reale. Albero, ad esempio, è investigato in relazione alla sua ombra ed estromesso come referente, è analizzato esclusivamente nelle declinazioni della sua apparenza, a noi, d’improvviso, dischiudendo la rappresentazione di un albero in forma di schema.

Ombra è presentata nella sua accezione solo mentale, ove, pertanto, lo spazio nel quale essa si dispiega, è preso nel colino d’una astrazione che lo avvicina al concetto aprioristico d’una categoria che si può invece cogliere solo percettivamente, nella singolarità.   Miracolosa pesca, diremmo, quella che ci dà la sensazione di percepire lo spazio mentre ha un ancora un guizzo di astrazione. Peonia è l’altro dispositivo che l’artista utilizza per decantare un aspetto della realtà mostrandocene un moltiplicata essenza.  Non basta mai, infatti, isolare un elemento. E’ necessario utilizzare il confronto per fare emergere la segnatura, la capacità, cioè, di mettere in evidenza la singolarità con un’altra singolarità, ottenendo così l’emersione dall’opaca visibilità del reale di un aspetto paradigmatico. La tramatura delle foglie, dei petali, delle inevitabili gocce d’acqua che li rigano è, in tale guisa, rinserrata, sul foglio di plastica che le avvolge, come fra le parole di un libro che serva alla loro decifrazione. Il gioco fra struttura e membrane, ora turgide ora trasparenti, ora sostanziate d’acqua, ora da orlature  sagomanti e ora da bordure screziate, è di fatto ciò che concorre a definire un “fiore”.

Più conturbante confronto è quello tra gladiolo e spugna intrisa d’acqua, ove la spugna funziona come particolare ingrandito delle caratteristiche dei petali. Il papavero, il quale ha un flessuoso gambo, raddoppiato sulla parete dall’ombra, ma che entra in irrisolvibile confronto con un’ombra rettilinea proiettata sul medesimo muro,  funge da particolare confrontato con l’universale. O il rinsecchito girasole presentato a testa in giù: sospendendo la sua attitudine a volgersi seguendo il sole, la Montgomery Barron causa nel fruitore la medesima sospensione veicolando tale capovolgimento di senso come significato portante. In fondo,  uno dei principali mezzi dell’arte è quello di presentarci le cose in modo imprevisto, paradossale, poiché è proprio questo che, sovente, ci consente di  approntare strumenti sempre più duttili e ricchi per elaborare il reale.

Dobbiamo confessarlo, colti da trasalimento, vediamo nell’asciugamano accostato alla stella marina l’identica forma vorticante mentre sono entrambi adagiati su un tavolaccio ligneo che nelle fibre non piallate presenta la medesima increspatura del mare. Ci sembrerà tale vicinanza forse più ovvia dell’accostamento di un polpo a un’orchidea soltanto se non consideriamo la similarità che affiora nonostante ogni nostra stratificata convinzione: non altro che punte turgide di esplorabile materia alternativamente sontuose o scabre.  E’ inevitabile che la sequenza di foto si concluda con un enigma, al cui tentativo di soluzione siamo chiamati proprio dalla certezza della sua irresolubilità. Non tutti gli accostamenti, le analogie, possono essere efficaci, produrre conoscenza. Ma alcuni preziosissimi confronti li conserveremo nella nostra memoria, certi che l’indicazione proposta dall’artista  è uno sprone a non limitarsi dinanzi alle apparenze del reale. Vaso nero, riverberato da un nastro di seta bianca che lo ricopre parzialmente (si notino le coppie oppositive di bianco/nero, duro/morbido, luce riflessa, luce assorbita) è implacabilmente affiancato a un ranuncolo (la cui complessità formale lo rende inconfrontabile con il vaso e con il nastro). Sarà il nostro tesoro, poiché la sua indeclinabilità non potrà resistere a lungo se, grazie a  Jeannette, ci poniamo la domanda.

http://www.jeannettemontgomerybarron.com/

Nessun commento: