martedì 8 marzo 2011

Franco Rella “Interstizi. Tra arte e filosofia“ Garzanti

L’ultimo libro di Franco Rella ,“Interstizi. Tra arte e filosofia”, Garzanti 2011, traccia un percorso che ha come obiettivo di interrogare le opere d’arte intorno all’inespresso e all’inesprimibile, dove tale indagine sia condotta con mezzi filosofici diversi da quelli tradizionali. Se Platone ha infatti inaugurato la filosofia escludendo ciò che impedisce la conoscenza, cioè la finitudine stessa - il fatto che il soggetto è pensiero e corpo -  Rella vuole invece evidenziare che solo dall’incontro tra filosofia e poesia può nascere una modalità di indagine su ciò che non ha espressione. Adorno ha mostrato l’insufficienza del pensiero universalizzante proprio nell’estetico, sede del particolare.  Pertanto sarà solo una filosofia che si faccia carico di tale problema, una teoria estetica, la più adeguata ad accostarsi all’arte.  E’ così anche per  Rella: l’incontro tra filosofia e arte deve potersi attuare nelle zone d’ombra, ove non è una logica dialettica che potrà far parlare l’opera d’arte.

Si tratta qui della capacità della filosofia, in quanto estetica, di accogliere e svolgere il senso non-discorsivo presente nelle creazioni artistiche, la cui verità è irriducibile sia alla composizione meramente formale sia al messaggio scorto nell’opera.  Franco Rella appronta una piccola enciclopedia dell’indeterminato che l’arte e la scrittura sono in grado di indicare e individua nella narrazione ciò che rende “comunicabile qualcosa che è inafferrabile al concetto, che non è tematizzabile in una argomentazione”. La perlustrazione viene condotta su quelle testimonianze che sono fomentate dalla morte, dal male, dalla bestialità, dai campi di sterminio (attraverso Celan, Beckett, Kafka, Flaubert, Conrad, Baudelaire) poiché anche quello che sembra indicibile e muto come la sofferenza più atroce trova nell’opera d’arte la possibilità di una testimonianza che resiste alla ragione affermativa. E ricchissima è la messe di voci testimoniali da Rella  raccolta e offerta lettore, la quale disegna quasi una cartografia di cellule germinative dell’inesprimibile.

Rella prosegue la sua analisi affermando che se è vero che esiste un dissidio tra filosofia e poesia in quanto quest’ultima non è vincolata alla verità, oggi una filosofia che si identifichi con la scienza “è impensabile, a meno di non ridurre la filosofia in un’angusta analisi logico-linguistica”. Poesia e filosofia potranno allora incontrarsi nello spazio estetico, affinché la verità poetica e artistica “possa confrontarsi con altri linguaggi, con altre verità, con altri racconti. La posta in gioco non è, infatti, un predominio accademico di un linguaggio su altri linguaggi”: in entrambe lavorando quell’atto creativo che si spinge costantemente oltre i limiti del senso. Luogo d’incontro in cui “si procede su sentieri diversi, su sentieri che si biforcano e che si intrecciano”.  E’, dunque, un piano di riflessione che non procede per giudizi o concetti determinati. D’altronde, anche laddove l’opera s’intesse di linguaggio, perdura l’enigmaticità, poiché non è il significato linguistico a risuonare come senso dell’opera e in questo senso è pregevole la condensazione che Rella ottiene dell’inespresso, attraverso l’azione di ricucitura e di sovrapposizione da lui operata.

Anche se, a mio avviso, bisogna sostanziare tale incontro con l’analisi della specificità dei mezzi artistici, altrimenti si corre il rischio di un’omologazione. Non basta affermare come fa Rella, a conclusione del libro, che “ La filosofia non è poesia, e la poesia non è filosofia”. Per una indagine approfondita bisognerà fare i conti con l’irriducibilità l’una all’altra delle varie forme artistiche (si pensi all’immagine o alla musica, entrambe irriducibili alla parola) o altrimenti si correrà il rischio di trovarsi, come accade nell’indagine condotta da Rella sul rapporto Nietzsche-De Chirico, dinanzi a risultati livellanti, nel riferimento ai quadri dedicati alla figura mitica di Arianna.: “Si tratta, a mio giudizio, di traduzioni da Nietzsche e di quanto, attraverso Nietzsche, De Chirico aveva per conto suo raggiunto”. C’è invece bisogno di cogliere qual è la differenza che le due forme, filosofia e arte, determinano nelle modalità espressive, altrimenti, De Chirico diventa solo una ripetizione di quanto  già espresso da Nietzsche. Quasi un tentativo di liquidazione dell’arte, anziché di connessione tra interstizi filosofici e artistici.  Lo stesso Adorno ha, d’altronde, insistito sul fatto che l’arte  è il luogo che rivela l’insufficienza di tutte le categorie di analisi e di critica che arrestano la dinamicità delle sue componenti. Tali dissidi (si pensi solo a quella forma/contenuto) sono parte integrale dell’opera d’arte e vanno mantenuti.

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