mercoledì 30 gennaio 2013

GIANDOMENICO TIEPOLO



“Il mondo nuovo”. Musi di cani elegantissimi sbucano dalle palandrane dei padroni, cani simili creati furono per nobili possessori e, infatti, s’adusa nelle migliori compagnie a essi accompagnarsi per prestigio attestare. La gente che s’assembra  nella piazza, intorno a non si sa ancora quale oggetto o accadimento, ha metafisica presenza. Mare limpidamente immoto, privo di ondeggiamenti e di risacca, rimarca statuario evento che motiva accentramento. Di lanterna magica si tratta: mostra mondi nuovi con esotici multicolori paraventi. Indiani con piumaggi variopinti su canoe  e pappagalli con impennati ciuffi.  Se alle loro spalle ci mettiamo in fila, scorgiamo anche noi il profilato, immaginario mondo. Vediamo quel che non esiste, quel che attrae uomini colti e conviene a commedianti scaltri. Vediamo lo spettacolo di umani curiosi e lestofanti, tutti intenti a rimirare come scimmie un novello atto, un’ennesima rappresentazione, un’infingarda ricostruzione.

“Minuetto”. Nell’ampia piazza che interrompe la laguna, suonatori e cantanti offrono sonoro intrattenimento. Hanno già adunato un variegato pubblico: un arabo, una venditrice di spille, un turco, un re, una nana che vende fiori e offrono pregiato saggio a incalliti sfaccendati e a inadatte orecchie. Uccelli roteano sulle acque tremolanti, mentre nuvole arrancano dal fondo verso il roboante finale di una erotica favola.


In un artefatto e incongruo paesaggio, orsi tenuti alla corda da uomini con improvvisati abiti si sollevano sulle zampe posteriori, laddove abeti impalliditi non riescono a proiettare nemmeno svenevole ombra. Un uomo col bastone costringe le scimmie a saltare e a fare le capriole. In lontananza una civile casa colonica, stretta dall’agitazione che si svolge in primo piano, aspira  a più elevati piani.

Più che da un teatrino di marionette, lo spettacolo è dato dall’adunanza che lo assedia. Contro un aperto cielo solcato da immancabili gabbiani, cani scheletrici, uomini panciuti e con la gobba, né privi di capelli bianchi e nasi adunchi, parlano fra loro, si distraggono o tengono il naso in su per guardare le tonsille alla cantante.

Scorrono sui disegni acquarellati soffici nuvole che con chiaroscuri subitanei muovono la scena fino a premere sulle membra, sporcando i vestiti con unta ombra,  e contemporaneamente proiettando in primo piano anche le cose che sono lontanissime, come se disegno fosse afflitto da smobilitante vento.


La pagina che dà il titolo alla serie di disegni su Pulcinella contiene una scala per arrivare in nessun luogo, una brocca di vino, un piatto con l’uva, un cesto di vimini, una giacca gettata a terra, legna da ardere e tanti secchi o cappelli. Immancabili il cane, i gabbiani e la ragazza del cuore, in questo caso marionetta, che Pulcinella stringe a sé, mentre considera il titolo come fosse un enigma scritto in caratteri cirillici.

Di Pulcinella non ve n’è mai uno solo. Solo perché è maschera si sdoppia, si triplica, si volta, si gira, fa venire il mal di testa. Pulcinella ha tanti parenti, è assistente di sarti, è pittore di quadri storici, viene  rapito da un centauro e cavalca un dromedario. Pulcinella invadono il giardino della villa; insieme a sultani partecipano a una caccia ai cervi e danzano in una sala ove sono mille roteanti specchi. Persino  al suo capezzale, per l’ultimo istante, Pulcinella è ancora circondato da altri Pulcinella.


“Paggi vasi e pappagallo” . Sulle tonde e rasate teste dei paggi di tutto punto vestiti con broccati sbucanti al modo di corolle rovesciate dalle armature, vasellame emana i suoi esangui bagliori vessato da pappagallo che sprigiona rossi echeggianti, mentre teste di capre e di leoni, corpi di arpie e di sirene sono disseminate per favola narrare a ragazzini impenitenti e increduli.

“L’acquazzone”. Si dirigono senza fretta verso l’orizzonte desolato privi di meta. Un Pulcinella che si è tirato in testa il mantello per ripararsi dalla pioggia è accompagnato da un cane che guarda in un’altra direzione. Famiglia ha ombrello che ripara solo la donna; un vecchio e una signora anziana fiancheggiano il gruppo da lati opposti; un altro Pulcinella, più discosto,  ha anch’egli un ombrello. Nessuno di loro sembra sapere dove dirigersi. E’ uno sconsolato ire per le piovigginose vie del mondo, ma calde e non prive di confortanti uccelli a far da guida al branco.

                                                                                             Rosa Pierno

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