mercoledì 9 dicembre 2015

Giulia Napoleone






L’astro trattenuto da un reticolo fermo, impedito nel suo tremolio, pudicamente cela seduzioni e incantamenti, mostrando declinazioni solo terrestri.

Tratteggio che addensa tenebre finte, orditura di labirintiche apparenze a cui s’accorda incantato occhio.

Finge plurimi mondi con plurimi profili ammagliando in seno rete sì stretta! Per infidi, incerti sentieri sparge la nebbia della contraddizione riunendo il loglio col grano.

Semini stelle procurando fori nella fitta garza. Non fu pianeta di roccia o polvere quello che s’infigge nell’astrale piano. Con trama fine non s’intercetta avanzo. Né resti s’impilano sulla balaustra da cui si scorgono le bianche colonne emergenti fra spumeggianti onde.

Menzognero è l’ordine tramato per meglio contrapporsi all’esistenza del caos. La fulgida trama, strappata, non mostrerà un luogo reale, né salvifico. 

Gettati i coriandoli di luce come spiccioli su un retrattile cielo, scuro, sporco di sabbia e stille minerali, faresti perdere gli occhi a un veggente, mortale nemica che ti corichi al nascente sole.

Ritaglia il cielo in porzioni: setosi fazzoletti indicano penuria. Pur anche nella stellata volta, incuneano nell’animo il sospetto che da questa terra non fu visibile l’ardita risalita.

Il collare di stelle si ammassa sulle terga della notte, adombrando un lucore desunto dalla fulgida parvenza di quel che si credette vero.

Foglio fu simile a legifera tavola che tenta lettere e poligoni contravvenendo al  malandrino caos. Distribuite che furono, le fulgide e ricomposte luci, sempre solo una parola alla volta non fu mendace.


Il dilemma si dissolve smettendo di decifrare: solo allora sarebbe di tutta evidenza che siamo noi le stelle confitte in inchiostrato cielo.

Messaggio lanciato nell’aere come strale ci raggiunse mentre felici eravamo di osservare l’aureolato stemma sui nostri capi posto da gentil mano.

Geometrizzate traiettorie di sapide parole infittiscono il poema della natura: essa non fu spergiura. Frapponemmo le nostre grida a siffatto ricamato tessuto e inebetiti restammo a udirne il muto responso.

Hai sezionato il cielo, avida d’infinito. Non sapevi cosa fosse, l’hai riconosciuto solo nei nastri di pelle con cui hai recinto il sacro spazio.


                                                                               Rosa Pierno

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