giovedì 10 novembre 2016

Quirino Principe “AIΩN” Fiorina Edizioni, Varzi, 2016





Porgere alla vostra attenzione lo squisito leporello di Quirino Principe “AIΩN” Fiorina Edizioni, Varzi, 2016 vuol dire porgervi un'istantanea scattata su un baratro in cui non si può precipitare. Su tale ultima spiaggia vi è un oggetto, diruta torre o scettro, e poi un testo, un copione fungenti da balaustra da cui si osserveranno altre scene, tutte ultimative. In una natura morta tenuta in vita da una resa filmica o anche in un interno ricostruito in uno studio dove si rincalzano l'un con l'altra scene tratte da quadri o da testi, da trattati matematici o da partiture musicali, tutto ciò di cui si parla trova un limite contro un tendone metafisico.

Perché il mondo simbolico è un universo chiuso a tutti gli effetti, ove si riproduce solo quello che vi abbiamo posto e dove la domanda incessantemente evocata batte sui lati di un quadrilatero rimbalzandovi: ancora quadro, foglio, partitura, libro. Null'altro che perfetta corrispondenza: le rime AbAb delle quartine del Preludio (una delle cinque parti che compongono il simmetrico poemetto), un Postludio "in forma di sestina arnaldesca",  e fra di esse "una trilogia di sestine arnaldesche" nella struttura del "tripartito Lied", ricalcano le pareti di un chiuso cosmo, rispetto al quale la dichiarata percorrenza effettuata su un nastro di Möbius servirà soltanto a ribadire l'illusione di un'interiorità rispetto a un'esteriorità: nessuno sfondamento è possibile.

Le regole, dettanti simmetria e alternanza, costituiscono una musica  smaterializzata: canone ripete la forma traslandola o variando la posizione degli elementi, mentre l'insieme rimane musicalmente o semanticamente sensato; pertanto, presentando le possibili combinazioni, aumenta la sensazione della massima formalizzazione. Che tutte le arti si presentino sulla scena ad allestire l'ultima rappresentazione: di esse vogliamo vivere e nutrire la nostra disillusa presenza, eppure eroica, proprio per questo! Nella scatola teatrale, o artistico contenitore che sia, s'inscena una nuova mitologia formata dalla sovrapposizione di tutte le storie, le quali sembrano raccontare di un nulla che è l'essere, il quale può essere definito "un non-universo parallelo. Possiamo assumerlo come mito, e soltanto come mito l'essere è sopportabile" ribadisce Quirino Principe nella nota.

La musica, la quale sembra più delle altre arti riuscire a registrare la totalità, è presente nella struttura mentale ancor prima del suono che si scriverà sulla pagina, come quei numeri di Bach citati dal poeta nella nota ad esergo. Bach ritorna, inoltre, anche nel riferimento al nastro di Möbius avendo composto Canone a 2 cancerizzante nell'Offerta musicale in cui due musicisti suonano lo spartito in direzioni contrarie. Ma il nastro ritorna anche in altra forma, con quel riferimento alla forbici e alla carta, le quali ricordano un'altra caratteristica del nastro: se tagliato lungo una linea che corre parallela al bordo si determinano due nastri ancora inanellati.

Non ci traggano su falso binario i riferimenti al crollo, al disfacimento, all'incendio o all'esplosione a cui sarebbero soggetti i suddetti mondi fotografati nell'atto che s'approssima alla loro fine, non fosse altro perché la teca, sorta di scatola cineraria, ne conserverà in ogni caso le spoglie. Cultura, pure quando morta, si tramanda! Insomma, tanto evocata fine, tanto vuoto nell'ultimo gelo non ci diaccia la pelle né ci procura horror vacui, ma una sorta di euforico tuffo in quel plasma primordiale in cui la nostra nascita ha avuto luogo: meraviglioso cosmo, ancor più prezioso quando  il poeta ne mette in nuce il carattere finito e precario o costringe l'esistenza a soggiacere a imperiose adamantine regole.

Ne sarà testimone, ancora una volta, la limpida struttura in forma di sestina "Bare" del secondo componimento in cui magma o plasma, buio o luce, fiamma o gelo condividono, pur in quanto coppie antitetiche, il medesimo schema versificatorio che tutto ridistribuisce e riposiziona in nuove costellazioni semantiche. Ci sostiene in tale lettura ancora il gioco cinese della carta, delle forbici e della pietra: gioco infinito da ripetere infinitamente perché se tutto è stato già detto, occorre in ogni caso ripeterlo, citazione da Remy De Gourmont, che Quirino Principe pone alla fine del suo testo.

Che il poemetto appaia stampato su un leporello rilancia la questione in maniera geniale: poiché esso partecipa formalmente alla chiusura, all'apertura e al dispiegamento di un mondo totalmente artistico a cui i disegni di Loredana Muller si accordano fornendo una sorta di partitura visiva che stria e modella a sua volta, campisce e arretra pur formando lacune - suggerendo a suo modo la tracciatura di una linea - e si attesta tra partitura e testo ingenerando anch'essa una sovrapposizione di immagini mentali che dipingono splendidamente le pareti delle scatole di Quirino Principe. Ma lo sappiamo, ora: si tratta di multipli nastri.

                                                                       Rosa Pierno

http://www.fiorinaedizioni.com/product/aion-quirino-principe-leporello/




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