mercoledì 12 aprile 2017

Due poesie inedite di Giorgio Bonacini, 2017






*

Un' aria robusta si accende – non è
la più bella. Non è l’invenzione del tempo

che invita al suo pianto, né il volto
di desolazione che muove fatica

e non prende. E' trovare fortuna di suoni
che fanno parola, che brillano scuri

e non sembrano lingua - né musica
o sabbia - o gesti impietriti. Ma è così

che pensiamo - è così che diciamo.
Con soffi e segnali, e torsioni alla mente.


*

Un’isola dipende. Un’altra
è libera ma brucia. In pieno rigoglio

di incitamenti è pronta a esplodere
di piume, pesche, siepi tanto alte

da oscurare. Un’isola si vede.
Un’altra attende. Inventa e sperpera

il suo cuore. Parola detta lucida
e serena – per qualcuno nella notte

segna e suona. Un’isola si muove.
Un’altra prende corpo ed è reale.




Non abbiamo potuto fare a meno di pensare a La tempesta di Shakespeare nel leggere queste due poesie inedite di Giorgio Bonacini. Certo le parole 'suoni', 'isole', 'brucia', 'lingua' ci hanno messo subito sulla strada, certe tracce  incantatrici, ma quello 'sperpera' assonante con Prospero, anzi semanticamente opposto, ci hanno confermato nel miraggio: l'isola  si muove, prende corpo ed è reale.
Intendendo la commedia shakespeariana come un inganno visivo, poiché la magia non ha certo, ivi, maggior potere della natura umana, anzi è puro strumento contrastativo che serve a mettere in risalto l'ampio raggio che il concetto di umano può assumere (dai vizi più abietti alle più solide virtù), resta in piedi, in tal modo, questo nostro iniziale abbaglio, poiché propedeutico alla comprensione. Ci rassicura, d'altra parte, lo stesso  Bonacini sul suo valore conoscitivo: "Parola detta lucida / e serena - per qualcuno nella notte // segna e suona".
La parola non può essere volatile, può anzi avere la concretezza dei più rocciosi fatti, rammentandoci che alle parole siamo ancora noi ad affidare il loro valore. E il loro suono ha per molti la verità di una debito da saldare. Ancora alle parole è affidata la possibilità di modificare l'assetto delle nostre esistenze, il nostro modo di vedere il mondo e di agire sul palcoscenico che ci è toccato in sorte. Solo la mente potrà inscenare torsioni e ravvedimenti, vedere tristemente o crudamente,  produrre soffi e suoni. È questa la magia: l'unica vera. Parole son fatte della stessa sostanza dei suoni, diremmo. Ma è facile, seguendo i distici di Bonacini, lievi e sapienti, volgere le visioni nel loro segno contrario.
Le continue inarcature, per intanto, non producono fratture nel verso, ma sembrano tessere più strettamente la materia fonica ai colori iridati: come sarebbe il colore di un tessuto prodotto dalla mente. Forse dovremmo assieparci nello stallo, da lì monitorare l'andamento, evitando ogni abbrivio che portasse troppo velocemente alla soluzione, ogni definizione troppo ripida: dovremmo esistere come si sta a teatro.
                                                                                            Rosa Pierno

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